Se la matematica non è un’opinione, nel 1990 avevo 13 anni (ne avrei compiuti 14 a dicembre). Di manga all’epoca avevo letto giusto qualcosina, degli episodi di Black Jack di Osamu Tezuka e Golgo 13 di Takao Saitō, entrambi pubblicati su Eureka dell’Editoriale Corno recuperati al Free Time (quello che era il negozio dell’usato dove mi rifornivo al tempo, te l’ho raccontato qui).
Oggi so che probabilmente avevo letto qualcosa anche prima, credo che Hello Spank! su Il Corriere dei Piccoli fosse il manga originale e non un adattamento italiano come usava ai tempi, e in più in edicola erano uscite delle edizioni pirata de Il Grande Mazinga e Candy Candy, ma ero troppo piccolo in quei primi anni ‘80 per accorgermene o esserne interessato. Ma nel 1990 qualcosa si cominciava a sapere.
Intanto, avevo letto Ronin di Frank Miller (sempre, lui torna sempre). Soprattutto, di fronte a questo oggetto narrativo strano e che mi sembrava diverso da tutto, ho letto tanto SU Ronin (non che all’epoca si potesse leggerne molto, eh). Cioè, era un libro di Frank Miller, ma intanto per la prima volta non era un, che so io, Batman o Daredevil, era una storia decontestualizzata da ogni universo narrativo, era più simile come progetto a quello che leggevo su Comic Art per dirne una, una cosa… così “europea”, dal Miller che mi ha fatto entusiasmare con Daredevil e Bullseye che fanno a botte in calzamaglia. E poi quel tratteggio molto Moebius, di cui al tempo probabilmente avevo visto gran poco ma quel nome mi affascinava un sacco, e quell’ispirazione, detta sotto voce, con un tono esoterico… ai manga.
Nel dettaglio Miller aveva realizzato per Dark Horse le copertine della seconda edizione di Lone Wolf & Cub di Kazuo Koike e Gôseki Kojima, un fumetto di cui senz’altro capiterà di parlarti ma se comincio ora non finiamo più. E insomma, l’americano tutto d’un pezzo Frank Miller nel pieno del suo successo tra Daredevil e Il ritorno del Cavaliere Oscuro fa una cosa abbastanza insolita per quei tempi: pubblica una mini-serie in formato prestige - un formato che ha contributo lui stesso a consolidare in libreria - di sei albi che raccontano una storia di fantascienza avulsa da ogni classico universo narrativo statunitense, che evoca Moebius rifacendosi a uno stile di narrazione sconosciuto ai più, ispirato al fumetto giapponese, al manga.
Poi c’erano le fanzine, e mi sa che esisteva già Mangazine, e insomma per fartela breve, questa nuova parola, manga, si accompagnava spesso a questo nome molto evocativo, misterioso, che aleggiava tra oscure sottoculture nerd: Akira.
All’epoca le informazioni erano confuse. Sapevo che era un fumetto di Katsuhiro Otomo, anzi: sapevo che era il primo manga pubblicato negli Stati Uniti dalla Marvel, nella sua etichetta destinata a un pubblico maturo Epic Comics. Ma soprattutto c’era quest’aria leggendaria che aleggiava attorno a… il film. Nell’88 era uscita una versione animata del fumetto, un vero e proprio film destinato agli adulti della durata di ben due ore. Solo pensare un cartone animato di quella durata che non fosse un prodotto Disney o, tuttalpiù, una francesata alla Asterix, era incredibile al tempo. E insomma, clandestinamente girava questa cassetta VHS pirata, riprodotta di casa in casa: il misterioso Akira, in lingua originale con sottotitoli in inglese. In italiano sarebbe uscito solo due anni dopo.
Ora, magari ti è capitato di sentirlo dire, c’è una vulgata comune che definisce il cartone animato di Akira “incomprensibile”.
Akira - Il primo trailer in giapponese
Effettivamente possiamo definirlo un pelo confusionario, ma come a volte accade in Giappone, il cartone è uscito prima che finisse il fumetto per cui un po’ di confusione e un finale affrettato è il minimo che possa succedere, ma più che questo pensa che nel 1990 ho tredici anni e mi sto guardando un cartone animato di due ore in giapponese con sottotitoli in inglese. Probabilmente mi sarebbe risultata incomprensibile pure Cappuccetto Rosso.
Eppure, pur non capendoci niente di niente, in quel cartone di due ore c’è tutto. Le moto, certo, poi le gang giovanili che si scontrano in moto.
La scuola.
Le manifestazioni.
Poteri, mutazioni…
…e ancora intrighi politici, amicizie che evaporano, amori che finiscono malissimo e morti, tanti morti.
Ma che vuoi di più?
Katsuhiro Otomo racconta la nascita di Akira
Oggi, che puoi guardarlo tranquillamente in italiano, il mio consiglio è un po’ come quello che ti darei se sapessi che ti stai approcciando per la prima volta a un film di David Lynch: se non capisci tutto, non preoccuparti, ma goditi ogni cosa. Akira è così tanto in sole due ore che seguire tutto può essere troppo intenso, prenditi quello che ti dà al momento, non ti lascerà indifferente.
E poi, di Akira c’è il fumetto. Te l’ho già accennato, è stato il primo manga pubblicato da Marvel al di qua dell’oceano, e poi dall’inglese ha cominciato ad essere tradotto un po’ qua e là nel mondo. In Francia lo pubblica Glenat, che al tempo pensa un po’ aveva una filiale italiana - pubblicava Batman! - e dunque arriva anche qui. L’edizione statunitense di Akira era, come tutti i manga in Italia fino a Dragon Ball, ribaltato: si leggeva da sinistra verso destra. Mentre negli Stati Uniti il formato era quello di un classico comic-book, ma brossurato di 64 pagine, la Glenat ha optato per la stessa foliazione ma un formato più grande, alla francese, ed è questa l’edizione che viene tradotta in italiano e che ho letto io. I colori, la Epic Comics ritenne che il mercato occidentale non fosse pronto a una narrazione lunga in bianco e nero, sono di Steve Oliff, che, se controlli, è uno tra i più bravi coloristi americani, di cui probabilmente ti sono capitate in mano un sacco di cose che neppure sai (qualcuno ha detto Spawn?).
Questa cosa, della Marvel che si cruccia a pensare il modo migliore per pubblicare un manga in occidente, decidendone formato, foliazione e colorazione diversi dall’originale per renderlo più appetibile al pubblico, mi ha sempre affascinato. Mi porta col ricordo ad altri tempi dell’editoria, quando l’importazione di un libro era un evento e l’editore italiano - a me capitò di assistere quando lavoravo per la Black Velvet - pensava a quale fosse il modo migliore per presentarlo nel paese, assumendosi responsabilità importanti tipo cambiare la copertina, pensare il formato più adatto, se e quanti volumi dell’opera originale raccogliere in un libro solo etc…
Il 1990 è l’anno fondamentale per i manga nel nostro paese. Praticamente insieme ad Akira in edicola comincia a uscire Zero di Granata Press, che propone in pillole i manga Hokuto no Ken (di cui spopolava il cartone animato nelle tv locali), Xenon e Baoh.
Per leggere la fine del fumetto di Akira, pensa un po’, avremmo dovuto aspettare il 1997, tanto che in molti, per un lungo periodo, hanno pensato che l’autore non lo avrebbe mai finito. Katsuhiro Otomo ci è andato un po’ lungo, c’è stata una lunga pausa nelle pubblicazioni tra il numero 36 - tanto che Glenat Italia nel frattempo ha chiuso baracca - e i due successivi che da noi ha pubblicato Panini. Questa prima, pionieristica edizione ora la trovi solo nell’usato, e tra gli appassionati di manga non gode di una grandissima reputazione, ritenuta non rispettosa del manga originale. Tuttavia, è quella a cui rimango più affezionato, nonostante la mia raccolta abbia vissuto diverse vicissitudini che hanno compromesso un po’ l’integrità di qualche albo (scatoloni di carta appoggiati in posti umidi tra un trasloco e l’altro negli anni, dannazione!). Oggi lo trovi in bianco e nero con senso di lettura alla giapponese (da destra a sinistra come tutti i manga) in sei volumi, qui c’è il primo.
L’influenza del manga nel fumetto occidentale lo ha cambiato. Probabilmente migliorato. Ed esserci, in quel preciso momento storico, te lo assicuro, è stato qualcosa di indimenticabile.
Ti ricordo i nobili motivi per cui scrivo questa newsletter: dietro la patina di benefattore e divulgatore disinteressato, si nasconde l’arcigna intenzione di venderti i miei libri a fumetti. L’ultimo è uscito l’11 aprile.
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Claudio Calia
Nato a Treviso nel 1976, ho realizzato per BeccoGiallo, tra gli altri, Leggere i fumetti. Dagli Avengers a Zerocalcare, una prima guida per chi vuole cominciare a leggere i fumetti (2016), Kurdistan. Dispacci dal fronte iracheno(2017) e Dossier TAV. Una questione democratica (2019). Partecipo alla redazione di Antifa!nzine e ho fondato l'associazione per la divulgazione del linguaggio del fumetto Oblò - APS, con cui pubblico I Baccanti. Con Claudio Marinaccio e Marco Corona ho dato vita alla newsletter gratuita di fumetti Smoking Cat, dieci numeri gratuitamente disponibili qui, da cui poi ho estratto il libro autoprodotto I giorni così. Nel 2023 è uscito Allargo le braccia e i muri cadono. Don Gallo e i suoi ragazzi (Feltrinelli Comics) vincitore del premio Boscarato “Miglior artista (disegno e sceneggiatura)” al Treviso Comic Book Festival. Il mio ultimo libro è Dov’è la bellezza? Kamaran Najm, il primo fotografo di guerra curdo-iracheno (BeccoGiallo, 2025).
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Anche per questa volta è tutto, grazie di esserci e alla prossima!
c.